Non credo di scoprire alcun segreto nel dire quanto le donne tengano al loro seno. E al fatto di averlo “perfetto”, con o senza l’aiuto del chirurgo.
Sappiamo bene che Madre Natura non è sempre generosa con tutte. Sia per dimensione che per forma.
Mi ritrovo il più delle volte a dover aggiungere un pò di volume per realizzare il sogno di chi mi sta davanti. Sto parlando di eseguire una Mastoplastica additiva, scoprila sul mio sito. Ma spesso non basta, o addirittura non è quello il problema. Magari il volume c’è, ma non è equamente distribuito. O ancora, ciò che nuoce è un piccolo particolare, quasi invisibile ai più, ma chiaro e nitido nella mente della paziente. Un esempio? Un brutto capezzolo. Fortunatamente, anche in questo caso, è possibile porvi rimedio.
Questo articolo lo vorrei dedicare appunto ai capezzoli introflessi e all’intervento chirurgico per risolverli.
Capezzoli introflessi
Il capezzolo rappresenta una porzione piccola del seno, eppure per alcune donne, che ovviamente non lo hanno “nella norma”, può essere un problema tale da metterle a disagio. Pertanto, quando i capezzoli risultano essere introflessi, è comune cercarne la correzione con un intervento. Vediamo allora meglio in cosa consistano e cosa comportino.
Conosciamo il capezzolo
Il capezzolo è una struttura anatomica specializzata che, di norma, protrude al centro dell’areola. Inoltre, nel contesto di una forma simil ideale, dovrebbe rappresentare anche l’apice della mammella, il suo punto più avanzato.
Ha un colore più scuro rispetto alla pelle, talvolta anche rispetto all’areola stessa.
La superficie è rugosa e caratterizzata dalla presenza dei piccoli orifizi di sbocco dei dotti galattofori. Questi portano il latte al neonato durante la suzione.
Quando è introflesso
Può anche essere che stia presentando una questione a te sconosciuta. Tuttavia devi sapere che affligge circa 15 donne su mille, 1,5% di esse quindi. E può interessare anche l’uomo, anche se in questo articolo mi vorrei dedicare all’universo femminile.
Può presentarsi monolateralmente o bilateralmente.
E’ caratterizzato dal fatto di non sporgere dall’areola, essendo retratto internamente con diversi gradi di severità. Detto in altro modo, appare “sprofondato” rispetto al piano della mammella.
Può essere semplicemente un piccolo inestetismo o indicare un problema più importante. Vale quindi sempre la pena farsi esaminare da uno specialista almeno una volta, anche se il mero lato estetico non sta disturbando.
L’entità può variare da persona a persona. Si definisce:
lieve quando basta la stimolazione manuale o il freddo per vedere il capezzolo fuoriuscire. Pertanto è reversibile.
Grave, quando non c’è mutazione alcuna nemmeno sotto sollecitazione.
Cause
Se ne riconoscono due tipi: congenite o acquisite. Queste ultime si dividono a loro volta in benigne o maligne. Vediamo allora le più comuni situazioni in cui si verifica la introflessione del capezzolo:
Dotti galattofori troppo corti che ne impediscono la normale estroflessione;
Tessuto fibroso o cicatriziale che potrebbe essersi formato a seguito di eventi quali:
infiammazioni al seno quale può essere una mastite;
interventi chirurgici;
ascessi;
un periodo di allattamento.
Processi neoplastici quali il cancro al seno oppure la malattia di Paget.
Soluzioni
Il primo passo è individuarne la causa facendo una serie di esami medici. Nel caso in cui non vi siano altre implicazioni se non il semplice inestetismo, le soluzioni proponibili possono essere diverse, chirurgiche e non. Ovviamente se rappresentasse il sintomo di qualcosa di più grave, si dovrà prima approcciare il problema principale. Qui mi limito a riportare le soluzioni al primo caso.
La più semplice soluzione è la stimolazione manuale, come la tecnica Hoffman.
Esistono anche dispositivi correttivi, sebbene con effetto temporaneo.
Sono piccole ventose che “risucchiano” il capezzolo da applicare per 6/8 ore al giorno per almeno 3 mesi.
Più particolare, ma sempre utile a questo scopo specifico (molto meno alla eventuale capacità di allattare in futuro), il piercing al capezzolo. Il monile impedisce meccanicamente la retrazione.
In ultimo, la vera correzione definitiva: la chirurgia, della quale ti parlo a seguire.
Capezzoli introflessi e intervento chirurgico
La chirurgia non è sempre l’unica soluzione, ma nella maggior parte dei casi rappresenta quella che permette una correzione più consistente e permanente del problema. E’ così anche nel caso dei capezzoli introflessi.
In realtà ci sono due diverse soluzioni.
La Mastoplastica additiva
Questo intervento chirurgico non rappresenta specificatamente “la soluzione” al problema dei capezzoli introflessi. Generalmente non lo si fa per questo determinato motivo. Però può contribuire a risolvere il problema in modo sostanziale nei casi non troppo severi. Come?
Il “cuore” della Mastoplastica additiva è la protesi. Ovvero l’ausilio utilizzato dal chirurgo per aumentare il volume.
Sul mercato ve ne sono di molte marche, forme e caratteristiche. Posso aggiungere che, per quel che mi riguarda, ho già fatto la mia scelta da anni: le protesi Motiva. Perchè? Leggilo qui: “Protesi al seno: le migliori marche per risultati naturali”.
La protesi può avere diverse collocazioni. Viene posizionata all’interno di una tasca creata “ad hoc” dal chirurgo. Questa può essere dietro la ghiandola mammaria o dietro al muscolo. La mia preferenza, nella gran parte dei casi, è a favore di una variante del posizionamento retromuscolare: la tecnica dual plane, che puoi scoprire qui: “Mastoplastica additiva, la tecnica Dual Plane per rimodellare il seno”.
In ogni caso, qualunque sia il posizionamento scelto, la protesi spinge inevitabilmente in avanti per crearsi posto. Questa pressione verso l’esterno potrebbe bastare per estroflettere il capezzolo. Ovvero dargli la giusta protrusione.
Tale soluzione, non sempre suggeribile, è particolarmente idonea per pazienti che vogliono anche un seno più pieno.
Eversione del capezzolo
Se invece si volesse risolvere solo il problema specifico di cui stiamo parlando, allora ci si dovrà sottoporre ad una chirurgia dedicata.
L’incisione è solitamente può essere fatta alla base del capezzolo oppure sul suo vertice
In seguito si vanno a staccare i tralci fibrosi e i dotti galattofori troppo corti che trattengono il capezzolo.
Viene poi eseguita una particolare sutura interna estroflettente.
La cicatrice svanisce in pochi mesi. Non sarà più percepibile.
Si esegue comunemente in anestesia locale, al massimo con un poco di sedazione.
Il post operatorio è piuttosto breve e non richiede attenzioni particolari per quel che concerne l’attività fisica già dopo la prima settimana. Qualche limitazione iniziale in più ci sarà solamente nel caso di attività che vadano a disturbare la guarigione della ferita (es: sport di contatto o nuoto). La ripresa dell’attività lavorativa è sostanzialmente immediata.
Introflessione del capezzolo e allattamento
L’introflessione del capezzolo non sempre rappresenta un problema per l’allattamento. Ci sono infatti casi in cui il bimbo, spingendo con le gengive sull’areola, riesce a far fuoriuscire il capezzolo.
Se così non fosse, allora è necessaria la chirurgia di eversione. La quale però, pur efficace nel suo intento, ha come lato negativo quello di rendere il capezzolo non più funzionale all’allattamento nella gran parte dei casi. Proprio perchè l’eversione avviene, come detto, interrompendo la continuità dei dotti galattofori.
Capezzoli introflessi in conclusione
In conclusione l’introflessione del capezzolo può essere risolto con un intervento chirurgico dedicato: l’eversione del capezzolo. Spesso però la soluzione può essere anche una chirurgia che con il capezzolo in paerticolare ha meno a che fare: la Mastoplastica Additiva.
L’unico risvolto spiacevole della risoluzione del problema potrebbe essere la futura impossibilità di allattare. E’ bene sottolineare però che non è quasi mai la Mastoplastica a limitare l’allattamento. Bensì la chirurgia per estroflettere il capezzolo.
Se hai nel tuo futuro la volontà di diventare mamma e allattare, ma anche quello di migliorare il tuo seno, sappi aumentarne il volume che è possibile e sicuro. Ti lascio di seguito qualche articolo per spiegarti meglio: “3 Consigli sulla Mastoplastica Additiva prima e dopo una Gravidanza” e “Intervento Mastoplastica Additiva: si può allattare dopo l’operazione?”
Qualsiasi siano le tue esigenze, paure o dubbi è solo parlando con lo specialista che riuscirai a capire il modo migliore per risolvere il problema. Con tutti i pro e contro del caso. La scelta dovrebbe ricadere su di un chirurgo che non lasci a te tutto il peso della decisione, ma che ti sappia spiegare la scelta migliore per te, senza importela.
Un paziente cosciente è un paziente che affronterà meglio tutto il percorso. Ecco perché io dedico molto tempo alla discussione di ogni risvolto delle chirurgia. Qui puoi leggere come procedo nella prima visita della Mastoplastica additiva: “Intervento Mastoplastica Additiva: come funziona la visita?”.
Se invece vuoi approfondire ogni chirurgia del seno, ti consiglio la lettura del mio libro: “Mastoplastica Moderna”. Scaricalo gratuitamente.