Il desiderio di molte donne che vedo nel mio lavoro è un seno nuovo. Non necessariamente grande, ma certamente pieno, possibilmente alto e sodo.
A questa richiesta la mia risposta è un Intervento di Mastoplastica. La chirurgia estetica, infatti, dedica tre diversi Interventi al seno. Può aiutare a ingrandire, rassodare o diminuire. Per conoscerli meglio ti invito a consultare la sessione dedicata del mio sito. Se invece vuoi informazioni più dettagliate ti consiglio la lettura di “Mastoplastica Moderna”, il mio libro. Puoi averlo gratuitamente.
Nella chirurgia per ingrandire, e talvolta anche in quella per rialzare, l’ausilio più importante di cui il chirurgo si avvale è la protesi. Non sono poche le domande che mi vengono fatte su di essa. Tra cui anche quelle sulle possibili complicanze del suo utilizzo.
In particolare, a questo proposito, la contrattura capsulare al seno viene spesso discussa. Ma è così diffuso questo problema? Come si può riconoscere?
Cercherò qui di dare una risposta a questi quesiti. Partendo dai sintomi della contrattura capsulare causati dall’utilizzo della protesi mammaria.
Mastoplastica e protesi
Abbiamo detto che le chirurgie al seno sono tre. Ti do qua solo un cenno alle due correlate all’uso della protesi.
- Mastoplastica additiva. Per addizionare volume la protesi la soluzione decisamente migliore e più affidabile. Esiste infatti anche una alternativa rappresentata dal Lipofilling in cui il volume aggiunto è ottenuto dall’utilizzo di grasso autologo. In merito a questa scelta ti propongo la lettura di: “Mastoplastica additiva con grasso o protesi?”
- Mastopessi. Per rialzare un seno sceso, non serve la protesi, ma può essere utilizzata per ottimizzare il risultato. Spesso infatti un seno rovinato ha anche poco volume rimasto.
- Se vuoi approfondire questa chirurgia e avere qualche consiglio sulla scelta o meno di avvalerti di una protesi, ti lascio alla lettura:“Mastopessi con protesi o senza protesi? I pro e i contro”.
Non di rado capita che le pazienti sappiano cosa non piace loro del seno, ma individuino la chirurgia errata per ottimizzarlo. Se anche tu hai bisogno di chiarimenti sulle differenze ti rimanderei alla lettura di: “Mastopessi o Mastoplastica additiva? Consigli per la giusta scelta”. Rimane scontato che sarà poi il chirurgo a dare il responso finale.
Contrattura capsulare al seno
Discutere di questa potenziale complicanza è necessario prima di sottoporsi a una delle due chirurgie appena menzionate. La sua comparsa, benchè rara, è legata all’uso della protesi in quanto corpo estraneo.
Cos’è?
Rappresenta un indurimento anomalo del seno. Per meglio dire, della tasca in cui la protesi viene inserita.
La protesi infatti induce il corpo umano a creare una sottile capsula attorno a essa. Una sorta di barriera a proteggersi da ciò che non è riconosciuto come proprio. La protesi mammaria in questo caso. Ma lo stesso discorso varrebbe per qualsiasi altro corpo estraneo.
Pertanto il formarsi di tale capsula è un evento fisiologico. Ciò che non è più normale è quando essa si ispessisce e indurisce, arrivando a comprimere la protesi, alterandone la forma. E quindi anche causando una deformità del seno percepibile. Il quale, nelle fasi più avanzate può diventare anche dolente.
- Può verificarsi in una sola o in entrambe le mammelle.
- E’ classificata con quattro gradazioni a seconda della gravità. Dal seno naturale alla vista e al tatto. Sino ad una contrattura grave che tende a vedersi, oltre che ad essere tangibile. In più il seno cambia forma e duole.
La paziente normalmente inizia a preoccuparsi poichè nota che un seno è più duro dell’altro. Quindi la diagnosi del problema avviene puramente con la palpazione del seno. In questa fase abbastanza iniziale non viene ancora percepita una alterazione della forma.
Successivamente la contrazione della capsula, peggiorando, va a comprimere la protesi che diventa visivamente:
- più rotonda,
- piccola
- trazionata verso l’alto.
Queste tre caratteristiche “visive” di una protesi contratta possono essere più o meno spiccate a seconda del caso e vanno a sommarsi all’informazione “tattile” che ci viene data dalla palpazione.
Importante non confondere una protesi alta e contratta con una protesi semplicemente malposizionata verso l’alto per un problema di tasca di alloggiamento. La chirurgia correttiva da eseguirsi ha infatti tempi di esecuzione, modalità e prospettive differenti.
Quando inizia?
E’ difficile dare una risposta precisa. Possiamo però dire che questo fastidioso inestetismo è lento a svilupparsi e mostrarsi. Può impiegarci alcuni mesi come anche svariati anni. Arrivati però a questa situazione, la necessità di rioperare diventa esigenza. In merito ti potrebbe interessare: “Sostituzione protesi al seno: ogni quanto si cambiano?” e “Intervento di Mastoplastica Additiva Secondaria”.
Quali sono le cause?
A oggi si sono condotti diversi studi per capire cosa influenzi la comparsa di tale problema. Non arrivando però a una causa universalmente riconosciuta.
E’ però opinione diffusa che la scelta della protesi, la creazione della tasca e il suo posizionamento rappresentino un punto cruciale.
Ogni protesi ha infatti caratteristiche diverse che possono limitare o facilitare la sua comparsa. La tipologia di superficie e materiale dell’involucro sono le più indagate quando parliamo di contrattura capsulare del seno.
Quali tipi di protesi la causano?
In base a quanto detto finora, la risposta è: potenzialmente tutte. Tuttavia le differenze tra una protesi e l’altra possono essere molto rilevanti.
Ecco allora che diventa semplice capire come la sua scelta sia fondamentale in quanto potrà influenzare, talvolta anche di molto, il risultato. Il quale, sebbene mai prevedibile al 100%, può comunque essere programmato nei particolari affinchè tutte le complicanze siano ridotte al minimo.
La ricerca tecnologica è molto attiva e sensibile a questo problema. E’ fondamentale affidarsi a chi questa ricerca la porta avanti seriamente con investimenti continui del proprio capitale. A mio modo di vedere, ha poco senso affidarsi ancora a marche che propongono le stesse protesi presenti sul mercato negli anni 90, inalterate se non nelle confezioni con cui vengono vendute. E che quindi non sono riuscite ad affermarsi con prodotti più moderni. Investendo (e rischiando, va da sè) nella ricerca. Potremmo dire che procedono cavalcando un vecchia teoria presa a prestito dal mondo del calcio, la quale recita così: ” squadra che vince non si cambia”. Concetto, tuttavia, poco applicabile a un prodotto che la tecnologia sta migliorando sempre più.
L’aspetto che più viene studiato per capire a fondo, e quindi eventualmente ridurre la formazione della contrattura capsulare al seno, è la superficie della protesi. Ne esistono sostanzialmente tre:
- liscia;
- testurizzata;
- nanotesturizzata.
Vediamole nello specifico:
- Le protesi a superficie liscia sono state le prime a essere introdotte negli anni 60 del secolo scorso. Sono storicamente correlate a un indice alto di contrattura capsulare. In tanti studi superiore anche al 10%.
- Le protesi testurizzate al tatto risultano ruvide in superficie. Caratteristica più o meno pronunciata a seconda della marca. Sono state introdotte verso la fine degli anni 80 con l’idea di cambiare il tipo di interazione tra protesi e tessuto mammario. Anche, ma non solo, al fine di ovviare alla questione della contrattura capsulare al seno e i suoi sintomi. E in parte ci sono riuscite, abbassando un poco la percentuale appena menzionata. A scapito però di una interazione coi tessuti mammari a volte troppo intensa e capace di generare uno stato infiammatorio cronico a livello della capsula attorno alla protesi. E’ questo un argomento molto studiato e dibattuto attualmente.
- Le protesi a superficie nanotesturizzata sembrano aver apportato invece una novità importante. Hanno un indice di contrattura molto basso, inferiore addirittura all’ 1%. Ciò è spiegato da una interazione ideale tra i fibroblasti (cellule che formano la capsula periprotesica) e le invaginazioni sulla superficie apportate dalla nanotesturizzazione. Al contempo tali protesi sono molto “rispettose” nella loro interazione con i tessuti mammari, riducendo di molto lo stato infiammatorio cronico citato in precedenza. Ed è sostanzialmente per queste due importanti ragioni che le protesi con questa superficie sono considerate al momento le più biocompatibili.
- Chi propone tale superficie dell’involucro protesico, a oggi, è solo il brand Motiva. Te ne parlo in: “L’evoluzione della protesi ergonomica Motiva”.
Il messaggio che vorrei lasciarti è che è fondamentale informarsi bene prima di sottoporsi a questo intervento. Una protesi non vale l’altra. Ancor più di questi tempi.
La contrattura capsulare al seno è una complicanza da mettere in conto se si vuole aumentare il seno. Ma non ha certo un’incidenza tale da rappresentare un limite. Soprattutto se ci si affida al chirurgo che faccia per te le scelte “tecniche” corrette. Le quali hanno un costo, ovviamente. Riferendomi con questo sia la scelta della protesi che, chiaramente, al chirurgo a cui affidarsi. Con questo bene in mente, poi uno è libero di scegliere la soluzione che reputa più idonea a sè.
Se stessi pensando di migliorare il tuo décolleté, ma sentissi di avere ancora dei dubbi da chiarire, contattami, studieremo al meglio il tuo percorso.